Pellegrinaggi
Andare
pellegrini ai santuari è una delle espressioni più
eloquenti della fede del popolo di Dio, e manifesta la pietà di
generazioni di persone, che con semplicità hanno creduto e si
sono affidate all’intercessione della Vergine Maria. Questa
religiosità popolare è una genuina forma di
evangelizzazione, che ha bisogno di essere sempre promossa e
valorizzata, senza minimizzare la sua importanza. E’ curioso: san
Paolo VI, nella Evangellii nuntiandi,
parla della religiosità popolare, ma dice che è meglio
chiamarla “pietà popolare”; e poi,
l’Episcopato latinoamericano nel Documento di Aparecida fa un
passo in più e parla di “spiritualità
popolare”. Tutti e tre i concetti sono validi, ma insieme. Nei
santuari, infatti, la nostra gente vive la sua profonda
spiritualità, quella pietà che da secoli ha plasmato la
fede con devozioni semplici, ma molto significative. Pensiamo a come si
fa intensa, in alcuni di questi luoghi, la preghiera a Cristo
Crocifisso, o quella del Rosario, o la Via Crucis…
Sarebbe
un errore ritenere che chi va in pellegrinaggio viva una
spiritualità non personale ma “di massa”. In
realtà, il pellegrino porta con sé la propria storia, la
propria fede, luci e ombre della propria vita. Ognuno porta nel cuore
un desiderio speciale e una preghiera particolare. Chi entra nel
santuario sente subito di trovarsi a casa sua, accolto, compreso, e
sostenuto… Gli occhi fissi sul Crocifisso o sull’immagine
della Madonna, una preghiera fatta con le lacrime agli occhi, colma di
fiducia. Il santuario è realmente uno spazio privilegiato per
incontrare il Signore e toccare con mano la sua misericordia.
Confessare in un santuario, è fare esperienza di toccare con
mano la misericordia di Dio.
È per questo che la parola-chiave che desidero sottolineare oggi
insieme con voi è accoglienza: accogliere i
pellegrini. Con l’accoglienza, per così dire,
“ci giochiamo tutto”.
Un’accoglienza affettuosa, festosa, cordiale, e
paziente. Ci vuole anche pazienza! I Vangeli ci presentano Gesù
sempre accogliente verso coloro che si accostano a Lui, specialmente i
malati, i peccatori, gli emarginati. E ricordiamo quella sua
espressione: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me
accoglie colui che mi ha mandato» (Mt 10,40). Gesù ha
parlato dell’accoglienza, ma soprattutto l’ha praticata.
Quando ci viene detto che i peccatori – ad esempio Matteo, o
Zaccheo – accoglievano Gesù nella loro casa e alla loro
mensa, è perché anzitutto essi si erano sentiti accolti
da Gesù, e questo aveva cambiato la loro vita. E’
interessante che il Libro degli Atti degli Apostoli si conclude con la
scena di san Paolo che, qui a Roma, «accoglieva tutti quelli che
venivano da lui» (At 28,30). La sua casa, dove abitava come
prigioniero, era il luogo dove annunciava il Vangelo.
L’accoglienza è davvero determinante per
l’evangelizzazione. A volte, basta semplicemente una parola, un
sorriso, per far sentire una persona accolta e benvoluta.
Il pellegrino che arriva al santuario è spesso stanco, affamato,
assetato… E tante volte questa condizione fisica rispecchia
anche quella interiore. Perciò, questa persona ha bisogno di
essere accolta bene sia sul piano materiale sia su quello spirituale.
È importante che il pellegrino che varca la soglia del santuario
si senta trattato più che come un ospite, come un familiare.
Deve sentirsi a casa sua, atteso, amato e guardato con occhi di
misericordia. Chiunque sia, giovane o anziano, ricco o povero, malato e
tribolato oppure turista curioso, possa trovare l’accoglienza
dovuta, perché in ognuno c’è un cuore che cerca
Dio, a volte senza rendersene pienamente conto. Facciamo in modo che
ogni pellegrino abbia la gioia di sentirsi finalmente compreso e amato.
In questo modo, tornando a casa proverà nostalgia per quanto ha
sperimentato e avrà il desiderio di ritornare, ma soprattutto
vorrà continuare il cammino di fede nella sua vita ordinaria.
Un’accoglienza del tutto particolare è quella che offrono
i ministri del perdono di Dio. Il santuario è la casa del
perdono, dove ognuno si incontra con la tenerezza del Padre che ha
misericordia di tutti, nessuno escluso. Chi si accosta al confessionale
lo fa perché è pentito, è pentito del proprio
peccato. Sente il bisogno di accostarsi lì. Percepisce
chiaramente che Dio non lo condanna, ma lo accoglie e lo abbraccia,
come il padre del figlio prodigo, per restituirgli la dignità
filiale (cfr Lc 15,20-24). I sacerdoti che svolgono un
ministero nei santuari devono avere il cuore impregnato di
misericordia; il loro atteggiamento dev’essere quello di un padre.
Cari fratelli e sorelle, viviamo con fede e con gioia questo Giubileo:
viviamolo come un unico grande pellegrinaggio. Voi, in modo speciale,
vivete il vostro servizio come un’opera di misericordia corporale
e spirituale. Vi assicuro per questo la mia preghiera, per
intercessione di Maria nostra Madre.
E voi, per favore, con la vostra preghiera, accompagnate anche me nel mio pellegrinaggio. Grazie.
Papa Francesco
Pellegrinaggio mensile Malongola-Carzaghetto
Pellegrinaggio della parrocchia di Suzzara.
Grazie! A presto!
Preghiera del pellegrino
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